LIPEDEMA: CONOSCERE ED AFFRONTARE LA PATOLOGIA – L’EFFICACIA DELLA COMBINAZIONE DIETA VLCKD E CARBOSSITERAPIA

a cura della Dr.ssa Marina Pagano


Il lipedema è una patologia genetica, cronico-degenerativa, multifattoriale, che colpisce il tessuto connettivo lasso (adiposo sottocutaneo, tessuto connettivo, fascia muscolare e sistema linfatico e vascolare), e riguarda quasi esclusivamente il sesso femminile.

È stata riconosciuta dall’OMS solo nel 2018, a conferma del fatto di quanto sia sottovalutata.

Coinvolge soprattutto il tessuto adiposo, che aumenta in modo progressivo e simmetrico, interessando in particolare gambe, fianchi, addome e braccia. Il grasso da lipedema è doloroso e non può essere eliminato, se non in piccola parte, con dieta ed esercizio fisico.

Ancora oggi tale patologia viene confusa con altre quali obesità, linfedema o lipoipertrofia, portando – nei migliore dei casi – ad un ritardo della diagnosi di una malattia cronica, progressiva e spesso invalidante.

Solitamente il lipedema manifesta i primi sintomi nelle fasi di pubertà, gravidanza o menopausa. Facile intuire che si leghi a squilibri ormonali; ci sono una serie di fattori che suggeriscono che il lipedema sia una malattia estrogeno dipendente.

Ricapitolando, il lipedema:

– Colpisce in particolare le donne
– Insorge nei periodi di cambiamento ormonale quali: pubertà, gravidanza e menopausa
– Il tessuto adiposo si distribuisce secondo una conformazione di tipo ginoide ed è difficile da eliminare con dieta ed esercizio


DIAGNOSI
Non esistono marker specifici per diagnosticare il lipedema; pertanto, il suo riconoscimento avviene tramite l’identificazione di sintomi e segni caratteristici, ricorrendo ad esami clinici per avvalorare l’ipotesi.

Dal momento che il fattore genetico assume un ruolo importante, è necessario effettuare anche un’anamnesi familiare.
La valutazione diagnostica di base consiste nell’anamnesi, nell’ispezione e nella palpazione.

Non esiste una terapia mirata alla cura del lipedema dal momento che ancora non è ben nota l’eziologia della malattia. Tuttavia, è possibile gestire i sintomi che la caratterizzano attraverso le terapie conservative, che permettono di eliminare o alleviare i sintomi (dolore, edema e sproporzione nella dimensione degli arti) e prevenire una progressione della malattia e lo sviluppo di ulteriori patologie o complicanze a carico della pelle, del sistema linfatico e del sistema muscolo scheletrico.

Inoltre le terapie localizzate permettono di decongestionare (drenare) il tessuto sottocutaneo e ridurre la componente fibrotica (mesoterapia, microonde, ultrasuoni, onde d’urto, carbossiterapia; linfodrenaggio, ecc.)


Inoltre è possibile ricorrere alle terapie chirurgiche (liposuzione, LESC), per ridurre il tessuto adiposo, ma sarà altresì necessario un cambiamento dello stile di vita attraverso la nutrizione (dieta ipocalorica, dieta chetogenica supplementazione) e l’attività fisica (camminata, esercizio in acqua, pilates, yoga, ginnastica funzionale).

Un’associazione molto efficacie è risultata quella della Dieta Chetogenica VLCKD e la Carbossiterapia.
La Carbossiterapia è una terapia che consiste nella somministrazione sottocutanea, attraverso aghi piccolissimi, di anidride carbonica medicale, con lo scopo di migliorare la microcircolazione tissutale e quindi di favorire il drenaggio delle scorie e dei liquidi, ed ottenere attraverso lo stimolo di meccanismi lipolitici locali la riduzione del tessuto adiposo.

Nutrizione e Dieta
Attualmente, le strategie nutrizionali dei pazienti affetti da lipedema sono rivolte alla riduzione della massa grassa e del dolore dovuto all’espansione del tessuto sottocutaneo infiammato e all’edema ortostatico.

La personalizzazione della dieta è fondamentale, sulla base della gravità della patologia e di altri fattori che possono concorrere quali obesità, edema linfatico o venoso e scarsa attività fisica. Dato che il lipedema è una malattia cronica, il paziente deve impegnarsi a seguire un piano alimentare adeguato a lungo termine.

Non esiste una dieta specifica per questa patologia.

Tuttavia, la dieta deve essere tale da non promuovere picchi glicemici e insulinici, dal momento che l’insulina promuove la lipogenesi, e l’insulino-resistenza peggiora la formazione di edema.

Tra le diverse strategie nutrizionali proposte e adottate, la dieta chetogenica sembra soddisfare tali criteri. La dieta chetogenica è una strategia alimentare che prevede la riduzione delle calorie assunte dai carboidrati, moderato consumo di proteine e aumento delle calorie ottenute dai grassi, con lo scopo di costringere il corpo ad utilizzare quale fonte energetica i corpi chetonici, derivanti dal metabolismo dei grassi, per la formazione di glucosio.

La condizione di chetosi si raggiunge quando l’apporto glucidico è inferiore a 20-50g al giorno. Ci sono numerosi studi che mostrano che la dieta chetogenica può avere un ruolo importante nel programma terapeutico di malattie metaboliche quali il diabete di tipo 2, l’obesità, malattia di Alzheimer, cancro e sclerosi multipla [Masino et Ruskin, 2013; Seyfried, 2012].

In particolare, si è visto che la dieta chetogenica migliora la sensibilità del cervello a ricevere segnali di sazietà da parte dell’ormone leptina per pazienti con obesità [de Git et Adan, 2015]. Esistono diversi protocolli di dieta chetogenica, sulla base delle esigenze e degli obiettivi da raggiungere. Una strategia alimentare è rappresentata dalla Very Low Calorie Ketogenic Diet (VLKCD), in cui l’apporto di carboidrati e, in generale, di calorie, è molto basso (inferiore a 800 Kcal al giorno).

In media, la quantità di carboidrati è compresa tra 20 e 60 g al giorno e provengono da alimenti vegetali; la quantità di proteine, assunte da alimenti ad alto valore biologico, è pari a 1,2 – 1,5 g su kg di peso corporeo; l’apporto lipidico è compreso tra i 15 e i 30 g, ottenuto prevalentemente da olio extravergine di oliva e da acidi grassi polinsaturi della serie omega 3.


La dieta prevede quattro fasi

1. Fase di dimagrimento: durante questa fase, si induce il corpo ad andare in chetosi, adottando una dieta VLCD (Very Low Calory Diet). Questa prima fase può durare dalle 8 alle 12 settimane. Si decide di passare alla seconda fase quando il peso corporeo ha subito un calo ponderale del 10%.

2. Fase di transizione: si adotta una dieta di tipo LCD (Low Calory Diet) con l’obiettivo di aumentare l’apporto calorico giornaliero fino a circa 1200 kcal, introducendo due pasti proteiciconvenzionali e reinserendo gradualmente alimenti a basso indice glicemico. In questo modo, gradualmente il paziente esce dalla fase di chetosi.

3. Fase di rieducazione alimentare: durante questa fase, si adotta una dieta HBD (Hypocaloric Balanced Diet), dove l’introito calorico viene aumentato a circa 1400 kcal. La quantità di carboidrati rappresenta circa il 30% delle calorie totali e si ottiene dal consumo di frutta a basso indice glicemico e legumi.

4. Fase di equilibrio e mantenimento del peso: la dieta HBD viene mantenuta in questa fase. Viene aumentato ulteriormente l’introito calorico fino a 1600-1700 kcal al giorno, suddividendo le calorie in: 25% quota proteica, 30% quota lipidica e 45% per la quota glucidica, di cui massimo il 10% possono essere zuccheri semplici. In questa fase non si usano più pasti sostitutivi.

Conclusioni
La combinazione di dieta chetogenica e carbossiterapia costituisce un valido intervento terapeutico per il trattamento di lipedema agli stadi iniziali.

In particolare, il trattamento dietetico ha permesso di ottenere una significativa riduzione di peso, delle misure antropometriche, quali circonferenze trocanteriche e addominali, e della percentuale di massa grassa.

La carbossiterapia ha apportato miglioramenti della qualità cutanea e alla microcircolazione vascolare nelle zone trattate; inoltre, ha coadiuvato nella riduzione del tessuto adiposo.

I risultati positivi sono da attribuirsi anche all’impegno delle pazienti che hanno collaborato prontamente al rispetto del protocollo proposto, modificando il loro stile di vita.