ULTRASUONI PER LA CELLULITE FIBROSA: come funzionano

a cura del Dr. Stefano Toschi


La cellulite è di per sé il più odiato degli inestetismi del corpo femminile, perché è generalmente percepito come molto evidente e di solito è piuttosto complesso da eliminare. Ma non tutte le celluliti sono uguali.

Uno degli inestetismi più diffusi e di più difficile trattamento nelle pannicolopatie ( è questo il nome scientifico della “cellulite”) di grado elevato, è rappresentato dalle aree fibrotiche intercellulari che conferiscono alla cute sovrastante irregolarità costituite da alternanza e sovrapposizione di aree depresse e rilevate, a livello di cosce e glutei, generalmente definite a“ buccia d’arancia” o “a materasso”.

Sono determinate dalla formazione di setti fibrosi intercellulari in grado di trascinare verso l’interno la pelle, creando un inestetismo particolarmente sgradevole e storicamente difficile da migliorare. In passato, le opzioni terapeutiche si sono basate essenzialmente su due procedimenti: l’utilizzo di farmaci profibrinolitici, iniettati per via mesoterapica (superficiale) allo scopo di degradare chimicamente questi cordoni fibrosi oppure l’impiego di uno speciale tipo di ago a punta triangolare (di Nokor) che con opportuni movimenti pluridirezionali indebolisse meccanicamente questi tralci fibrosi.

Il successo di queste due metodice è stato nel complesso parziale, da un lato per la difficoltà di far penetrare completamente i farmaci nel piano tissutale richiesto, dall’altro perché l’utilizzo dell’ago, oltre ad avere una forte connotazione operatoredipendente, procurava un traumatismo non indifferente dei tessuti con effetti collaterali, quali i lividi, di durata non sempre breve.

Negli ultimi anni contro la pelle a “buccia d’arancia” è stata introdotta sul mercato una novità: la tecnica denominata Subcision Guidata che ha dato un notevole impulso ai trattamenti e che prevede l’utilizzo di in un apparecchio elettromedicale in grado di tagliare i setti fibrosi con precisione millimetrica.

Tuttavia l’elevato costo della procedura e la previsione di una problematica reperibilità commerciale futura del device, ha creato il presupposto per la ricerca di nuove metodologie basate sull’uso di apparecchi elettromedicali che liberano energia luminosa (laser) o acustica (ultrasuoni) e che siano in grado di indebolire o rompere questi legami fibrosi. In particolare quello ad ultrasuoni è un generatore elettrico che interagisce con un manipolo composto di 6 ceramiche piezoelettriche che convertono l’energia elettrica in movimento vibratorio che viene trasmesso ad una sonda che si muove in risonanza col manipolo.

La sonda, attraverso un’azione a ventaglio della durata di poche decine di secondi per area, è in grado di determinare la rottura delle lacinie fibrose che caratterizzano la pannicolopatia, consentendo così in breve tempo il sollevamento ed il riallineamento della cute depressa rispetto ai tessuti circostanti.

La sonda, in titanio e del diametro di 1 mm, viene inserita nell’area da trattare grazie ad un ago “cannula” da 18 gauge. La procedura si effettua in una singola seduta ambulatoriale in anestesia locale.

Al termine vengono applicate una pomata antibiotica ed una medicazione a piatto da lasciare in sede 24 ore.

Non è necessaria compressione con guaina. Il risultato finale è visibile dopo circa 1 mese.
Il trattamento è semplice da effettuare, non richiede alcun particolare background chirurgico. Non si sono evidenziati effetti collaterali se non lieve edema che regredisce in breve tempo. Inoltre è applicabile sia su piccole che grandi aree senza nessuna necessità di utilizzare materiale di consumo.

Rappresenta sicuramente una delle strategie più interessanti per il trattamento della cellulite fibrosa. Sulla quale rimane tuttora difficile intervenire.